lunedì 1 febbraio 2016

Dialoghi di profughi* - Bertolt Brecht

*Da:           https://www.facebook.com/notes/10151238640803348/?pnref=story
Cos'è "Dialoghi di profughi":     http://www.controappuntoblog.org/2013/10/18/quando-si-parla-di-umorismo-io-penso-sempre-al-filosofo-hegel-fluchtlingsgesprache-dialoghi-di-profughi-brecht-bertolt/

DOVE SI PARLA DI PASSAPORTI. – DELLA PARITA’ TRA BIRRA E SIGARI. – DELL’AMORE PER L’ORDINE.

Mentre la furia della guerra, che pure aveva già mezzo dissanguata l’Europa, era ancora giovane e bella e stava giusto pensando come fare un salto anche in America, al ristorante della stazione di Helsinki due uomini sedevano a un tavolo e, guardandosi prudentemente attorno di quando in quando, parlavano di politica. Uno era alto e grosso e aveva mani bianche e lisce, l’altro era di statura bassa, tarchiato, con mani da operaio metallurgico. Quello alto teneva sollevato il suo bicchiere di birra e lo guardava contro luce.

QUELLO ALTO       La birra non è birra, ma in compenso i sigari non sono sigari; il passaporto quello no, deve essere per forza un passaporto, perché ti lascino entrare in questo paese.

QUELLO BASSO   Il passaporto è la parte più nobile di un uomo. E difatti non è mica così semplice da fare come un uomo. Un essere umano lo si può fare dappertutto, nel modo più irresponsabile e senza una ragione valida; ma un passaporto, mai. In compenso il passaporto, quando è buono viene riconosciuto; invece un uomo può essere buono quanto vuole, non viene riconosciuto lo stesso.

QUELLO ALTO       Si può dire che l’uomo è soltanto il meccanico portatore di un passaporto. Glielo si mette in tasca, così come si mette un pacchetto di azioni nella cassaforte, la quale in sé e per sé non ha nessun valore, ma solo contiene oggetti di valore.

QUELLO BASSO     Eppure si potrebbe sostenere che l’uomo, in un certo senso, è necessario al passaporto. La cosa principale è il passaporto, giù il cappello davanti a lui, ma senza il relativo individuo esso non sarebbe possibile, o almeno non completo. E’ come il chirurgo: gli ci vuole il malato, per poter fare un’operazione; quindi non è autonomo è una cosa soltanto a metà, con tutta la sua scienza. In uno Stato moderno è lo stesso: la cosa principale è il Führer o Duce, ma gli ci vuole anche la gente da guidare. Loro sono grandi, ma qualcuno deve pur pagare per la loro grandezza; se no, non va.

 QUELLO ALTO       I due nomi che ha citato mi fan tornare in mente birra e sigari. Vorrei proprio considerarli di gran marca, il meglio che si possa avere qui, e il fatto che la birra non è birra, e il sigaro non è un sigaro, mi sembra una felice circostanza; ché se per caso non ci fosse concomitanza fra i due elementi, sarebbe proprio difficile mandare avanti il locale. Suppongo che anche il caffè non sia caffè.

QUELLO BASSO     Come sarebbe, una felice circostanza?

QUELLO ALTO       Sarebbe che si ristabilisce l’equilibrio. Non hanno bisogno di temere un confronto tra loro e, fianco a fianco, possono sfidare il mondo intero. Nessuno dei due trova un amico migliore, e i loro incontri si svolgono in perfetta armonia. Sarebbe diverso se, per esempio, il caffè fosse caffè e solo la birra non fosse birra; la gente certo darebbe addosso alla birra perché è scadente, e allora? Ma io la distolgo dal suo argomento: il passaporto.

QUELLO BASSO     Non è poi un argomento tanto piacevole che io non me ne voglia far distogliere. Solo mi meraviglio che proprio adesso ci tangano tanto a contare e registrare la gente, come avessero paura di perdere qualcuno – non si direbbe peraltro che gliene importi poi tanto. Ma no, devono sapere che si è quello e non un altro, come se non fosse assolutamente lo stesso chi lasciano crepare di fame.

L’uomo alto e grosso si alzò in piedi, si inchinò e disse: “Mi chiamo Ziffel, di professione fisico”. Quello basso sembrò riflettere se dovesse alzarsi anche lui, poi decise e restò seduto. Bofonchiò: “Mi chiamo Kalle, e basta”.
L’uomo alto si rimise a sedere e, prima di riprendere il discorso, aspirò con aria un po’ offesa una boccata Da quel suo sigaro, di cui si era già più volte lamentato.

ZIFFEL          Le premure per gli esseri umani negli ultimi anni sono molto aumentate, specialmente nei nuovi organismi statali. Non è come prima, ora lo Stato se ne occupa molto. I grandi uomini che sono spuntati in parecchie parti d’Europa dimostrano un grande interesse per gli uomini, e non ne hanno mai abbastanza. Gliene occorrono tanti. Da principio ci si rompeva il capo a capire perché il Fuhrer raccogliesse gente nei territori di confine e la trasportasse verso l’interno della Germania. Solo ora in guerra si è capito. Ne ha un bel consumo, di materiale umano, e gliene occorre a mucchi. Ma i passaporti si fanno soprattutto per via dell’ordine, che è assolutamente necessario in tempi come questi. Mettiamo che io e lei ce ne andiamo attorno senza un documento che attesti chi siamo, così che non riescono a trovarlo quando ci devono levare di torno: non ci sarebbe più ordine. Lei poco fa ha parlato del chirurgo. La chirurgia funziona solo perché il chirurgo sa dove si trova nel corpo umano, per esempio, l’appendice. Ma se questa, all’insaputa del chirurgo, se ne potesse andare in giro, magari nella testa o in un ginocchio, allora sarebbero guai al momento di asportarla. Qualunque uomo d’ordine glielo può confermare.

KALLE          L’uomo più ordinato che ho conosciuto in vita mia era un tale di nome Schiefinger nel Lager di Dachau, uno delle SS. Di lui si raccontava che alla sua amante non dava il permesso di dimenare il sedere in un giorno che non fosse sabato, e in un’ora che non fosse di sera, nemmeno per distrazione. E all’osteria guai se posava sul tavolo la bottiglia di limonata col fondo bagnato. Quando ci picchiava col frustino lo faceva con tanta coscienziosità da lasciarci le piaghe con un disegno così regolare che avrebbe superato benissimo qualunque controllo col al millimetro. Il senso dell’ordine ce l’aveva talmente nel sangue che avrebbe preferito non picchiare affatto piuttosto che farlo a casaccio.

ZIFFEL          Questo è un punto molto importante. In nessun posto si bada tanto all’ordine come in prigione o nell’esercito. E’ sempre stato proverbiale. Quel generale francese che al principio della guerra del settanta annunciò all’imperatore Napoleone che l’esercito era pronto e tutto in ordine fino all’ultimo bottone, non avrebbe promesso roba da poco, se fosse stato vero. Difatti è proprio l’ultimo bottone che conta. Devono essere a posto tutti, i bottoni. Con l’ultimo bottone si vince la guerra. Anche l’ultima goccia di sangue è importante, ma non quanto l’ultimo bottone. Difatti, è l’ordine che fa vincere la guerra. Nel sangue non si può mai mettere lo stesso ordine come nei bottoni. Lo stato maggiore non sa mai così di preciso se l’ultima goccia di sangue è già stata versata, come sa tutto invece dei bottoni.

KALLE          “Ultimo” è una delle loro parole preferite. Quando lavoravamo in palude, l’uomo delle SS diceva sempre che dovevamo darci dentro fino all’ultimo fiato. Perché poi l’ultimo e non il primo, me lo sono chiesto spesso. Ma doveva essere l’ultimo, se no lui non ci provava gusto. Anche la guerra la vogliono vincere fino all’ultimo sangue, e ci insistono.

ZIFFEL          Ci tengono che sia una cosa seria.

KALLE          Atrocemente seria. Se non è atroce, non è seria.

ZIFFEL          Questo ci riporta ai bottoni. Neppure nel mondo degli affari l’ordine ha una parte tanto importante quanto nell’esercito. Anche se negli affari applicando quest’ordine meticoloso si ricavano profitti, mentre in guerra si hanno soltanto perdite. Si potrebbe pensare che conta di più ogni centesimo in affari che ogni bottone in guerra.

KALLE          In sé e per sé non sono i bottoni che contano in guerra, poiché non c’è peggior spreco di materiale che nell’esercito, lo sanno tutti. Lì si fa tutto senza badare a spese. Si è mai vista un’amministrazione militare che facesse economia? L’ordine non sta nel fare economia.

ZIFFEL          Certo che no. Sta nel fatto che lo spreco è pianificato. Tutto ciò che si butta via, o va a male, o viene distrutto, deve essere registrato e numerato; l’ordine consiste in questo. Ma la ragione principale per cui si bada tanto all’ordine è una ragione educativa. Certi compiti uno non li può svolgere se non con ordine. E cioè quelli privi di senso. Fa scavare una fossa a un prigioniero e poi richiuderla e poi scavarla di nuovo: se glielo lasci fare alla carlona, così come gli viene, quello ti diventa matto, o ribelle, che fa lo stesso. Se invece si sta attenti che impugni la vanga in un certo modo, e non un centimetro più in giù, e se si tira una cordicella nel punto in cui deve scavare, in modo che la fossa sia perfettamente diritta, e se nel richiuderla si bada a che il terreno sia spianato a dovere, come se prima non si fosse scavato per niente, allora sì che il lavoro può essere fatto e tutto fila liscio come l’olio. D’altra parte, lo spirito umanitario, di questi tempi, non si potrebbe mantenere senza la corruzione, che è pure una forma di disordine. Lei trova umanità se trova un impiegato che intasca qualcosa. Con un po’ di corruzione talvolta può persino ottenere giustizia. Io, per raggiungere il mio turno nella fila all’Ufficio Passaporti in Austria, ho dato una mancia. A un impiegato gli ho visto in faccia ch’era di animo buono e avrebbe intascato. I regimi fascisti ce l’hanno con la corruzione proprio perché sono disumani.

KALLE          Un tale una volta mi diceva che in fondo gli escrementi non sono altro che materia fuori posto. In un vaso di fiori non li puoi neanche più chiamare escrementi. Io in fondo sono per l’ordine. Ma una volta ho visto un film con Charlie Chaplin. Metteva i suoi abiti, eccetera, in una valigia, cioè li buttava dentro a casaccio e poi chiudeva il coperchio: ma ecco che la cosa gli pareva troppo disordinata, perché troppa roba faceva capolino dalla valigia, e allora prendeva una forbice e tagliava via maniche, gambe di pantaloni, insomma tutto quello che spuntava fuori. Questo mi ha lasciato di stucco. Vedo che anche lei non tiene in grande considerazione l’ordine.

ZIFFEL          Semplicemente riconosco gli enormi vantaggi dell’esser disordinati. E’ il disordine che ha già salvato la vita a migliaia di individui. In guerra spesso basta la più piccola deviazione da un ordine perché uno porti in salvo la pelle.

KALLE          E’ proprio vero. Mio zio era nelle Argonne. Stavano in un fosso e per telefono avevano ricevuto l’ordine di ritirarsi, e subito. Ma loro non ubbidirono alla lettera e vollero prima mangiarsi le patate che avevano già arrostito, e così caddero prigionieri e furono salvi.

ZIFFEL          Oppure prenda un aviatore. E’ stanco e legge male le indicazioni degli strumenti di misura: il suo carico di bombe casca accanto a un grosso casamento, e un mezzo centinaio di persone si salva. Quello che voglio dire è che la gente non è matura per una virtù come l’amore per l’ordine. La loro intelligenza non è abbastanza sviluppata per questa virtù. Le loro iniziative sono idiote, e soltanto un’esecuzione sciatta e disordinata dei loro piani li può salvare da danni maggiori.

ZIFFEL          Io avevo un inserviente di laboratorio, il signor Zeisig, che teneva tutto in ordine, e che fatica gli costava! Metteva tutto a posto continuamente. Quando uno si preparava qualche apparecchio per un esperimento, bastava che fosse chiamato al telefono, e prima che tornasse quello aveva già rimesso tutto a posto. Ogni mattina i tavoli erano perfettamente sgombri, e cioè i foglietti con gli appunti erano scomparsi per sempre nel secchio della spazzatura. Ma lui si dava tanta pena che non gli si poteva mai dir nulla. Cioè naturalmente qualcosa gli si diceva lo stesso, ma allora si finiva per mettersi dalla parte del torto. E se poi di nuovo qualcosa spariva, cioè era rimesso a posto, lui ti guardava con quel suo sguardo vuoto, senza un granellino di intelligenza, che ti faceva pena. Non avrei mai immaginato che il signor Zeisig potesse avere una sua vita privata, e invece ce l’aveva. Quando Hitler giunse al potere, saltò fuori che il signor Zeisig era stato tutto quel tempo un militante della prima ora. Il mattino che Hitler diventò cancelliere del Reich, lui disse, appendendo con cura il mio cappotto al solito chiodo: “Signor dottore, adesso si rimetterà in ordine la Germania”. Beh, il signor Zeisig ha mantenuto la parola.

ZIFFEL          In un paese dove impera un ordine speciale io non ci starei volentieri, perché quello è il regno della penuria. Naturalmente si può chiamare ordine anche un’amministrazione che scialacqui a piene mani, come da noi si ha soltanto, come dicevo, in guerra. Ma non siamo a questo punto.

KALLE          La metta così: dove niente sta al posto giusto, c’è disordine. Dove al posto giusto non c’è niente, lì c’è ordine.

ZIFFEL          L’ordine oggigiorno si ha soprattutto là dove non c’è niente. E’ un fenomeno di carenza.

L’uomo basso annuì, ma era un po’ seccato – era un tipo particolarmente sensibile su questo punto – dalla sfumatura di serietà che sentiva o credeva di sentire nelle ultime frasi, e terminò di bere a lenti sorsi il suo caffè.

Poco dopo i due si separarono e si allontanarono per la propria strada.

Traduzione di Margherita Cosentino 



2 commenti:

  1. Mancano dei capitoli.. e la traduzione di Margherita Consentino del libro Einaudi "Nuovi coralli" secondo me è migliore. Comunque libro bellissimo.

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  2. quali capitoli mancano? si possono recuperare? il libro pare introvabile.. grazie di averlo reso disponibile qui!

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