domenica 30 ottobre 2016

(U.S.)America nell'epoca Tecnetronica*- Zbigniew Brzezinski (1968)

*Versione originale:    http://www.unz.org/Pub/Encounter-1968jan-00016  (Traduzione a cura del collettivo) 
Leggi come premessa e commento:     https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/10/brzezinski-e-la-futurologia-america-in.html 



"L’intenso coinvolgimento nella conoscenza applicata potrebbe gradualmente provocare l’indebolimento della tradizione di imparare solo per imparare. La comunità intellettuale, comprese le Università, potrebbe diventare un’altra ‘industria’, che recepisce i bisogni sociali come i diktat del mercato, con gli intellettuali che ricercano le ricompense materiali e politiche più consistenti. L’ansia per il potere, il prestigio e la bella vita potrebbe significare la fine dell’ideale aristocratico del distanziamento intellettuale e della ricerca disinteressata della verità."


La nostra non è più la convenzionale era rivoluzionaria; stiamo entrando in una nuova fase di trasformazione nella storia umana. Il mondo è nell’era di una trasformazione più drammatica nelle sue conseguenze storiche e umane di quelle provocate sia dalla rivoluzione francese che da quella bolscevica. Viste da una prospettiva a lungo termine, queste famose rivoluzioni hanno semplicemente scalfito la superficie della condizione umana. I cambiamenti da esse innescati hanno implicato trasformazioni nella distribuzione del potere e della proprietà all’interno della società; essi non hanno toccato l’essenza dell’esistenza individuale e sociale. La vita – personale e organizzata- è continuata quasi come prima, anche se alcune forme esterne (soprattutto politiche) furono trasformate in maniera sostanziale. Per quanto ciò possa apparire sconvolgente ai loro seguaci dovremmo convenire che Robespierre e Lenin sono stati soltanto dei riformatori morbidi, considerando i cambiamenti che si produrranno a partire dal 2000.

A differenza delle rivoluzioni del passato la metamorfosi avanzante non avrà leader carismatici con dottrine contrastanti, ma il suo impatto sarà molto più profondo. La maggior parte del cambiamento che ha così tanto preso posto nella storia umana è stato graduale, essendo le grandi ‘rivoluzioni’ meri segni di punteggiatura in un lento, ineludibile processo. Invece, la trasformazione che si avvicina giungerà molto più rapidamente e avrà più profonde conseguenze nel modo e anche forse nel significato della vita umana, che qualsiasi precedente esperienza fatta dalle generazioni che ci hanno preceduto.

L’America sta già cominciando a sperimentare questi cambiamenti e in questa fase sta diventando una società tecnetronica: una società che è plasmata culturalmente, psicologicamente, socialmente ed economicamente dall’impatto della tecnologia e dell’elettronica, in particolare dall’uso dei computer e dallo sviluppo delle telecomunicazioni. Il processo industriale non è più la causa principale dei cambiamenti sociali, attraverso la modificazione dei costumi, della struttura e dei valori sociali. 

Questo cambiamento sta dividendo gli Stati Uniti dal resto del mondo, promuovendo un’ulteriore frammentazione in una umanità sempre più differenziata, e imponendo agli americani  l’obbligo speciale di alleviare i dolori del confronto che ne scaturisce.

La società technetronica

Le innovazioni di vasta portata che noi stiamo per sperimentare saranno il risultato in primo luogo dell’impatto della scienza e della tecnologia sull’uomo e sulla società, specialmente nel mondo sviluppato. Recentemente c’è stata una proliferazione di una letteratura stimolante e provocatoria sul futuro. Gran parte di essa è seria e non pura fantascienza[1].

Comunque, sia negli Stati Uniti e, in grado minore, nell’Europa occidentale un certo numero di studi sistematici ed eruditi sono stati rivolti a predire e cogliere cosa ci riserva il futuro. Curiosamente molto poco ci è giunto su questo tema dal mondo comunista, anche se gli ideologi comunisti sono i primi a sostenere che la loro ideologia ottocentesca contiene una speciale chiave di accesso al ventunesimo secolo. Il Work in progress indica che gli uomini che vivono nel mondo sviluppato subiranno nei prossimi decenni una mutazione potenzialmente così radicale come quella sperimentata attraverso il lento processo di evoluzione dall’esperienza animale a quella umana. Tuttavia, la differenza sta nel fatto che il processo sarà contratto nel tempo, e quindi l’effetto shock del cambiamento può essere assai profondo. Il comportamento umano diventerà meno spontaneo e meno misterioso, più prederminato e soggetto ad una programmazione deliberata. Sempre più l’uomo possiederà la capacità di determinare il sesso dei propri figli, di influenzare attraverso l’uso dei farmaci le sue capacità intellettive e di modificare e controllare la propria personalità. Il cervello umano acquisirà poteri maggiori perché i computer diventeranno abitualmente un’estensione della mente umana come le automobili hanno significato un ampliamento della mobilità. Il corpo umano migliorerà e la sua longevità aumenterà: qualcuno pensa che durante il prossimo secolo la vita media potrebbe raggiungere approssimativamente i 120 anni.

Questi sviluppi avranno un impatto sociale maggiore. Il prolungamento della vita altererà i nostri valori, i nostri criteri di carriera e le nostre relazioni sociali. Nuove forme di controllo sociale possono essere necessarie per limitare che gli individui esercitino in maniera indiscriminata i loro nuovi poteri. La possibilità di un estensivo controllo chimico della mente, e il pericolo di perdita di individualità inerente all’uso del trapianto e alla fattibilità della manipolazione della struttura genetica richiederanno una definizione sociale di criteri comuni di limitazione come di utilizzazione. Gli scienziati prevedono con fiducia che dalla fine di questo secolo i computer ragioneranno proprio come gli uomini e saranno capaci di impegnarsi nel pensiero creativo; uniti ai robot o alle creature di laboratorio potranno comportarsi come gli uomini. La costruzione di un più complesso – e forse più amaro - dialogo filosofico e politico sulla natura dell’uomo è autoevidente in questi sviluppi.
Altre scoperte ed ulteriori raffinamenti altereranno ulteriormente la società così come la conosciamo. La rivoluzione dell’informazione, incluso l’ampio immagazzinamento dell’informazione ed il suo recupero istantaneo ed infine la recuperabilità dei dati necessari sia dal punto di vista visivo che sonoro in quasi tutte le case private, trasformerà il carattere dell’educazione collettiva istituzionalizzata. Le stesse tecniche potrebbero servire ad imporre una quasi totale sorveglianza politica su ogni cittadino mettendo in rilievo maggiore di quanto sia oggi la questione della privacy. La cibernetica e l’automatizzazione rivoluzioneranno le abitudini lavorative, facendo diventare l’ozio la regola ed il lavoro effettivo l’eccezione e un privilegio riservato ai più dotati di talento. La società orientata verso un fine potrebbe cedere il passo ad una società focalizzata sul divertimento, con spettacoli essenzialmente per spettatori (sport di massa, televisione) che forniscono un oppiaceo per masse sempre di più senza scopo.  Ma mentre per le masse la vita si farà più lunga e il tempo si espanderà, per l’élite attiva il tempo diventerà una merce rara. Infatti, persino il senso del tempo dell’élite si trasformerà. Già ora la velocità governa il passo delle nostre vite invece del contrario. Nella misura in cui la velocità dei trasporti aumenta soprattutto per il suo proprio impulso tecnologico, l’uomo scopre che non ha scelta, se non di accettare egli stesso questa accelerazione sia per tenersi al passo con gli altri sia perché pensa che così può realizzare di più. Ciò sarà specialmente vero per l’élite per la quale un aumento del tempo da trascorrere in ozio non sembra essere in agenda. Pertanto, nella misura in cui la velocità si espande il tempo si contrae e le pressioni sull’élite aumentano.

Dalla fine di questo secolo i cittadini dei paesi più sviluppati vivranno soprattutto nelle città, quindi in maggior parte circondati da un ambiente fatto dall’uomo. Il confronto con la natura potrebbe essere per loro ciò che fronteggiare gli elementi era stato per i nostri antenati: l’incontro con l’ignoto e il non necessario apprezzamento di esso. Godendo di un livello di vita personale che (in alcuni paesi) può raggiungere quasi i diecimila dollari pro capite, mangiando cibo artificiale, spostandosi velocemente da un angolo del paese per lavorare in un altro, in un contatto visivo continuo con il proprio datore di lavoro, il proprio governo o la propria famiglia, consultando i calendari per stabilire in quale giorno pioverà o splenderà il sole, i nostri discendenti saranno plasmati quasi interamente da ciò che essi stessi creano e controllano.

Al di là di questi cambiamenti ancora lontani dall’essere raggiunti, la trasformazione, che sta ora avendo luogo, sta creando una società sempre più diversa da quella industriale precedente[2].

Nella società industriale la conoscenza tecnologica era applicata soprattutto ad un obiettivo specifico: l’accelerazione ed il miglioramento delle tecniche di produzione. Le conseguenze sociali costituivano un sottoprodotto successivo di questa preoccupazione dominante. Nella società tecnetronica la conoscenza tecnologica e scientifica, insieme all’aumento delle capacità produttive, si riverserà velocemente e in maniera diretta su quasi tutti gli aspetti della vita.

Ciò è particolarmente evidente nel caso dell’impatto delle comunicazioni e dei computer. Le comunicazioni creano una società straordinariamente interconnessa nella quale c’è un continuo contatto visivo, uditivo e sempre più stretto tra quasi tutti i suoi membri che interagiscono elettronicamente, condividendo in maniera istantanea le esperienze sociali più intense, innescando un coinvolgimento personale più grande, con le loro coscienze formate in maniera sporadica (come Mc Luhan ha notato),  che sono  fondamentalmente differenti da quelle che si sono formate per influenza della trasmissione delle informazioni attraverso della scrittura, caratteristica dell’età industriale. La crescente capacità di calcolare istantaneamente le più complesse interazioni, e la crescente disponibilità  di mezzi biochimici per controllare l’uomo aumentano lo scopo potenziale di un orientamento consapevole, e quindi anche le pressioni a dirigere, a scegliere e a cambiare. La conseguenza è una società che differisce da quella industriale in una varietà di aspetti economici, politici e sociali.  Gli esempi seguenti possono essere citati brevemente per riassumere alcuni dei contrasti:

1.       In una società industriale il modo di produzione passa dall’agricoltura all’industria, essendo l’uso della forza e degli animali soppiantato dalle macchine. Nella società tecnetronica il lavoro industriale cede il passo alla sfera dei servizi, l’automazione e la cibernetica sostituiscono l’uomo nel far funzionare le macchine.
2.       I problemi di occupazione e di disoccupazione – per non parlare del primo stadio della socializzazione urbana  della forza-lavoro contadina – dominano le relazioni tra imprenditori, lavoro e mercato nella società industriale; la garanzia di un minimo benessere alle nuove masse industriali è la fonte di maggiore preoccupazione. Nell’emergente nuova società le questioni relative all’obsolescenza dell’abilità, alla sicurezza, ai periodi di riposo, ozio, e condivisione dei profitti dominano le relazioni; il problema del benessere psichico di milioni di colletti blu relativamente sicuri, ma potenzialmente immotivati, appartenenti alla bassa classe media, diventa un problema crescente.
3.       Rompere le tradizionali barriere all’educazione, creando così il punto di partenza fondamentale per l’ascesa sociale costituisce l’obiettivo principale dei riformatori sociali nella società industriale.

L’educazione conseguibile per limitati e specifici periodi di tempo riguarda inizialmente il superamento dell’analfabetismo, e successivamente la preparazione tecnologica largamente basata sull’insegnamento scritto e sequenziale. Nella società tecnetronica non solo l’educazione diventa universale, ma l’apprendimento avanzato è disponibile per la maggior parte di coloro che hanno un talento di base. La quantità di addestramento è rafforzata da una maggiore enfasi sulla selezione qualitativa. Il problema di base è scoprire le tecniche più efficaci per lo sfruttamento razionale del talento sociale. La comunicazione più recente e le tecniche di calcolo sono applicate a questo fine. Il processo educativo, fondandosi sempre di più su strumenti visivi e  auditivi, si espande nel tempo, mentre il flusso delle nuove conoscenze necessita sempre più di frequenti aggiornamenti.

4.       Nella società industriale la leadership passa dalla tradizionale aristocrazia rurale all’élite “plutocratica” urbana. La ricchezza recentemente acquisita costituisce il suo fondamento, e la competizione intensa lo sbocco – come anche lo stimolo – della sua energia. Nella società tecnetronica postindustriale il predominio plutocratico subisce una forte sfida dalla leadership politica, la quale è in maniera crescente composta da individui dotati di abilità speciali e di talenti intellettuali. La conoscenza diventa uno strumento del potere e l’effettiva mobilitazione del talento un importante strumento per acquisire potere.
5.       L’università in una società industriale – in contrasto con l’epoca medievale – è una torre d’avorio distaccata, il deposito di un sapere irrilevante anche se rispettato e il luogo dove solo per breve tempo vengono formati i giovani membri di una prestabilita élite sociale. Nella società tecnetronica l’università diventa un think-tank intensamente coinvolto, la fonte della pianificazione politica molto sostenuta e dell’innovazione sociale.
6.       Lo sconvolgimento inerente al passaggio da un’esistenza rurale rigidamente tradizionale alla vita urbana genera una disposizione a cercare risposte totali ai dilemmi sociali, causando così che le ideologie prosperino nella società industriale (3).

Nella società tecnetronica la crescente capacità di ridurre i conflitti sociali a dimensioni quantificabili e misurabili rafforza la tendenza verso un approccio più pragmatico per risolvere i problemi scaturiti dalla questioni sociali[3].

       7. L’attivare le masse finora passive produce intensi conflitti politici nella società industriale su questioni come l’emancipazione e il diritto al voto. La questione della partecipazione politica è cruciale. Nell’età tecnetronica il problema è sempre più quello di assicurare una reale partecipazione alle decisioni, che sembrano troppo complesse e troppo distanti dal cittadino medio.  L’alienazione politica diventa un problema. Analogamente la questione dell’uguaglianza politica tra i sessi produce la lotta per l’uguaglianza sessuale delle donne. Nella società industriale la donna – in quanto operatore delle macchine – smette di essere psicologicamente inferiore all’uomo, un aspetto di qualche importanza nella vita rurale, e  comincia a chiedere i suoi diritti politici. Nella società emergente l’automazione discrimina nello stesso modo uomini e donne; il talento intellettuale è calcolabile, la pillola incoraggia l’uguaglianza sessuale.
       8. Le masse recentemente liberate sono coordinate nella società industriale attraverso partiti e sindacati e rese coese da programmi relativamente semplici e in qualche misura ideologici. Tuttavia, gli atteggiamenti politici sono influenzati dal richiamo ai sentimenti nazionalisti, veicolati attraverso la crescita massiccia dei giornali, fondati ovviamente sulle lingue autoctone. Nella società tecnetronica sembrerebbe svilupparsi l’aggregazione tramite sostegno individuale di milioni di cittadini non coordinati, facilmente raggiunti da personalità magnetiche e attraenti, che sfruttano efficacemente le più recenti tecniche di comunicazione per manipolare le emozioni controllare la ragione. La dipendenza dalla televisione – e da ciò la tendenza a sostituire il linguaggio con l’immaginario, essendo quest’ultimo non limitato dai confini nazionali (e includente la copertura di fatti come la fame in India o scene di guerra) – tende a creare un coinvolgimento in qualche modo più cosmopolita, sebbene fortemente impressionistico, nei problemi globali.
       9. Il potere economico nella società industriale tende ad essere personalizzato, sia nella forma di grandi imprenditori come Henry Ford, burocrati di stato come Kaganovich in Russia, o Minc in Polonia. La tendenza verso la spersonalizzazione del potere economico è stimolata nello stadio successivo dalla comparsa di un’interdipendenza altamente complessa le istituzioni governative (incluse quelle militari), il settore scientifico e le organizzazioni industriali. Nella misura in cui il potere economico diventa inseparabilmente connesso al potere politico, diventa più invisibile e il senso della futilità individuale aumenta.
      10. Per rilassarsi ed evadere nella società industriale, nelle sue forme più intense, ci si allontana dall’usanza campagnola di bere insieme, contesto in cui amici intimi e familiari si sarebbero incontrati. Bar e locali – associazioni – si sforzano di ricreare un’atmosfera intima. Nella società tecnetronica la vita sociale tende ad essere così atomizzata, anche se le comunicazioni (specialmente la TV) rendono immediata l’esperienza sociale in una forma mai sperimentata prima, che l’intimità del gruppo non può essere ricreata attraverso lo stimolo artificiale prodotto dal comportamento di gruppi esterni che si riuniscono. Il nuovo interesse  per le droghe cerca di ricreare l’intimità attraverso l’introspezione presumibilmente, espandendo la coscienza.

Infine, questi cambiamenti e molti altri, includendo quelli che toccano molto più direttamente la personalità e la qualità dello stesso essere umano, rende la società tecnetronica così diversa da quella industriale come quest’ultima si differenzia da quella agraria.

La transizione americana

L’America oggi sta nel mezzo di un cambiamento. La società statunitense sta lasciando la fase della spontaneità e sta entrando in una tappa più autocosciente; cessando di essere una società industriale, sta diventando la prima società tecnetronica. Ciò costituisce, almeno in parte, la causa di molte delle attuali tensioni e violenze.

La spontaneità genera un ottimismo quasi automatico circa il futuro, circa il “miracolo americano”, circa la giustizia e la felicità per tutti. Questo mito costruisce paraocchi sociali sui vari aspetti della vita americana, che non si incastrano con la visione ottimistica, in particolare il modo di trattare i neri e la persistenza di sacche di povertà. La spontaneità implica una fede nell’inerente bontà nella dinamica socio-economica americana: nella misura in cui l’America si sviluppa, cresce, diventa più ricca, i problemi persistenti e visibili si sarebbero risolti.

Questa fase si sta concludendo. Oggi la società americana è turbata e alcune sue parti sono addirittura tormentate. I paraocchi sociali sono stati strappati e un senso di inadeguatezza sta diventando più diffuso. La diffusione dell’alfabetizzazione, e in particolare l’accesso al college e all’università di circa il 40% dei giovani ha creato un nuovo strato, il quale rafforza gli intellettuali urbani un tempo isolati, uno strato che non vuole tollerare né i paraocchi sociali né condividere la compiacente credenza nella bontà spontanea del cambiamento sociale americano.

Tuttavia, è più facile sapere cosa è sbagliato che indicare cosa dovrebbe essere fatto. La difficoltà non traspare solo dall’incapacità dei nuovi ribelli a costruire un programma concreto e significativo. E’ ampliata dalla novità del problema americano. Tornare alle ideologie del XIX secolo non costituisce una risposta, ed è sintomatico che la “Nuova Sinistra” ha trovato molto difficile applicare le dottrine disponibili, in particolare quelle marxiste, alla nuova realtà.  In realtà, la sua enfasi sui diritti umani e i mali della spersonalizzazione, i pericoli inerenti ad un governo forte – così consapevoli delle esigenze psicologiche provate – presentano forti parallelismi con nozioni più conservatrici riguardo la collocazione e la santità dell’individuo nella società.

In qualche modo, c’è un’analogia tra la “Nuova Sinistra” e l’atteggiamento scrutatore di vari gruppi disamorati nell’Europa dei primi anni del 19 secolo, quale reazione all’incipiente industrializzazione. Non comprendendo interamente il suo significato, non de tutto sicuri di dove si stano dirigendo, - benché sensibili alle miseri e alle opportunità che portava con sé – molti europei lottarono disperatamente per adattare le dottrine del 18 secolo alla nuova realtà. Alla fine fu Marx che riuscì a costituire per parecchi milioni di persone una sintesi significativa, combinando un idealismo utopico sul futuro dell’età industriale con una rovente critica del presente.

La ricerca del significato è una caratteristica dell’attuale scenario americano. Potrebbe far presagire conflitti ideologici frantumanti e aspri, in particolare quanto la disillusione intellettuale si collegò con il crescente rancore delle miserabili masse di neri. Se ciò fosse portato ai suoi estremi, potrebbe portare l’America ad una fase di conflitti violenti, distruttivi e intolleranti, nei quali si combinerebbe l’intolleranza ideologica con quella razziale.

Tuttavia, sembra improbabile che un’ideologia unificante dell’azione politica, capace di mobilitare una diffusa fedeltà, possa emergere al steso modo in cui il Marxismo sorse in risposta alla fase industriale. A differenza dell’Europa occidentale e del Giappone – per non parlare dell’Unione Sovietica – dove le conseguenze e l’impatto del processo industriale stanno ancora riplasmando la vita politica, sociale ed economica, in America la scienza e la tecnologia (in particolare così come sono socialmente applicate attraverso le comunicazioni e la crescente computerizzazione, entrambe prodotto dell’età industriale) sono già più importanti nell’influenzare il comportamento sociale di una società che ha superato la fase industriale. La scienza e la tecnologia non sono notoriamente in sintonia con le formule semplici e assolute. Nella società tecnetronica ci può essere spazio per un idealismo pragmatico,persino impaziente, ma difficilmente per l’utopismo dottrinario.

Allo stesso tempo, è di già evidente che una risoluzione di alcune delle questioni irrisolte della fase industriale sarà più pressante. Per esempio, il nero avrebbe dovuto essere integrato nella società statunitense durante la rivoluzione industriale americana. Tuttavia, questa rivoluzione è venuta prima dell’America, anche se il nero non era pronto per la piena integrazione. Se il nero fosse stato solo un’eredità economica dell’era preindustriale, forse sarebbe potute essere integrato più efficacemente. Oggi le regioni urbane e industriali più avanzate dell’America, proprio perché si stanno muovendo in una nuova e più complessa fase, che richiede addirittura abilità sociali più evolute, stanno scoprendo che è molto difficile integrare il nero, sia come minoranza razziale sia come “eredità feudale” dell’America. Paradossalmente si può sostenere che l’America del Sud ha oggi un’opportunità più ampia di integrare il nero: la coscienza americana sta cambiando, il nero si è mescolato e il Sud si sta muovendo verso l’epoca industriale. E’ probabile che essa possa trascinare con sé il nero.

Qualunque sia il risultato quella americana è una società in cui le grandi questioni del nostro tempo saranno per la prima volta verificate attraverso la pratica. Possono l’individuo e la scienza coesistere, o il dinamismo di quest’ultima altererà in maniera sostanziale il primo? Può l’uomo, che vive nell’età scientifica, accrescere il suo spessore intellettuale e il suo senso filosofico, e allo stesso tempo anche la sua libertà personale? Possono le istituzioni della democrazia politica essere adattate alle nuove condizioni in maniera sufficientemente veloce per affrontare le crisi, senza tuttavia alterare il loro carattere democratico?

La sfida nella sua essenza implica il doppio pericolo della frammentazione e dell’eccessivo controllo. Pochi esempi. E’ già facile trovare sintomi di alienazione e di spersonalizzazione nella società americana. Molti americani si sentono “meno liberi”; questo sentimento sembra esser connesso con la perdita di “scopo”; la libertà implica scegliere di agire, e l’agire richiede la consapevolezza dei fini. Se l’attuale transizione dell’America all’età tecnetronica non produce frutti soddisfacenti dal punto di vista personale, la prossima fase potrebbe essere caratterizzata dalla triste rinuncia al coinvolgimento sociale e politico,al l’allontanamento dalla responsabilità politica e sociale attraverso l’”emigrazione interiore” (il rinchiudersi in sé). Le frustrazioni politiche potrebbero aumentare la difficoltà di assorbire e di interiorizzare i rapidi cambiamenti ambientali, scatenando così una crescente instabilità psichica.

Alla stesso tempo la capacità di confermare il controllo sociale e politico sull’individuo aumenterà ampiamente. Come ho già notato, sarà presto possibile imporre una sorveglianza quasi continua su ogni cittadino e conservare archivi completi e aggiornati, contenenti persino l’informazione più personale riguardo la salute e il comportamento del cittadino, oltre ai dati più usuali. Questi archivi saranno istantaneamente recuperabili da parte dell’autorità. Inoltre, il ritmo rapido del cambiamento ci consentirà di anticipare gli eventi e elaborare pianificazioni a partire da essi (???). Il potere graviterà nelle mani di coloro che controllano l’informazione e che potranno metterlo in correlazione il più rapidamente possibile. Le nostre istituzioni amministrative in opera dopo la crisi probabilmente saranno sempre più sostituite da istituzioni amministrative precrisi, il cui compito sarà quello di individuare in anticipi le probabili crisi sociali e di sviluppare programmi per affrontarle. Ciò potrebbe favorire lo sviluppo di una tendenza verso una dittatura tecnocratica nei prossimi decenni, lasciando sempre meno spazio per le procedure politiche, così come noi ora le conosciamo.

Infine, guardando avanti alla fine di questo secolo, la possibilità di controllare dal punto di vista biochimico la mente e di manipolare geneticamente l’uomo, compresa infine la creazione di esseri che agiranno come gli uomini – e ragionare come loro – potrebbe far sorgere problemi assai difficili. Secondo quali criteri possono tali controlli essere applicati? Qual è la distribuzione di potere tra l’individui e la società a proposito dei mezzi che possono modificare completamente l’uomo. Qual è lo status sociale e politico degli esseri artificiali, se loro si avvicinano all’uomo nell’agire e nella creatività? (non oso rispondere, se essi cominciano a superare l’uomo – qualcosa non al di là della mera possibilità durante il prossimo secolo?) 

Tuttavia, sarebbe fortemente fuorviante costruire un’immagine unilaterale e scrivere una nuova commedia di fiction scientifica alla Orwell. La maggior parte dei cambiamenti della società americana sono di buon auspicio per il futuro e ci consentono di essere un po’ ottimisti riguardo la capacità della società di adattarsi alle richieste di questa età di cambiamento.
Pertanto, nella sfera politica il crescente flusso di informazioni e le tecniche più efficienti di coordinazione non hanno bisogno di una maggiore concentrazione di potere in una qualche infausta struttura di controllo collocata all’apice del governo. Paradossalmente questi sviluppi rendono anche possibile una più grande distribuzione dell’autorità e della responsabilità ai livelli più bassi di governo e società. La divisione del potere ha tradizionalmente posto problemi di inefficienza, coordinazione e dispersione di autorità; ma oggi le nuove forme di comunicazione e le tecniche informatiche rendono possibile sia aumentare l’autorità ai livelli più bassi e una quasi immediata coordinazione nazionale. E’ molto probabile che stati e governi locali saranno rafforzati nei prossimi dieci anni, e molte funzioni attuali del governo federali saranno assunte da loro[4].  La devoluzione delle responsabilità finanziarie agli strati più bassi può favorire sia il flusso di talenti migliori e accrescere la partecipazione nella formulazione delle più importanti decisioni a livello locale. La coordinazione nazionale e la partecipazione locale potrebbero, pertanto, unificati grazie ai nuovi sistemi di organizzazione. Ciò è stato già tentato con successo in alcune vaste sfere economiche. Questo sviluppo avrebbe anche  l’effetto auspicabile di minare la capacità di attrazione di una nuova possibile ideologia coagulante che potrebbe sorgere; infatti, le ideologie prosperano solo quando c’è un forte bisogno di risposte astratte a problemi ampi e remoti.

E’ anche un segno di speranza che la migliorata performance governativa e la sua accresciuta sensibilità ai problemi sociali è stata stimolata dal crescente coinvolgimento nei problemi nazionali di ciò che Kennet Boulding ha chiamato lo establischement educativo e scientifico (EASE). Durante il Medioevo l’università era una istituzione sociale chiave. I capi politici si appoggiavano fortemente su di essa per ottenere consiglieri letterati e menbri del gabinetto, una merce rara a quei tempi. Successivamente separatasi dalla realtà, nei tempi recenti l’accademia ha fatto un grande ritorno nel mondo dell’azione.

Oggi l’università costituisce l’occhio creativo del complesso delle comunicazioni di massa, la fonte di gran parte della pianificazione strategica, sia nazionale che internazionale. Il suo impegno nel mondo favorisce l’emergere di una nuova specie di intellettuali e politici, uomini che si propongono di individuare e mettere in atto la proposta scientifica e accademica più fondata per sviluppare i loro programmi politici. A sua volta ciò stimola la coscienza pubblica del valore della competenza e inoltre la grande competizione politica nello sfruttarla.

Un cambio profondo nella comunità intellettuale stessa è implicito a questo sviluppo. Gli intellettuali dissidenti, ampiamente orientati in senso umanistico talvolta ideologicamente inclini, i quali ritengono in generale che il loro ruolo sia quello di fare della critica sociale, sta per essere rapidamente sostituito sia da esperti e specialisti, coinvolti in particolari attività alternative, o da “integratori generalisti” i quali sostituiscono gli ideologi dei potenti fornendo loro una visione generale complessiva delle azioni più diverse. Una comunità di intellettuali, orientati all’organizzazione e preoccupati delle applicazioni, che si relaziona in maniera più efficace al sistema politico dei loro predecessori ha la funzione di introdurre nello stesso sistema politico questioni più ampie di quelle che probabilmente possono essere generate da esso e forse più importanti di quelle formulate dai critici esterni[5].

L’espansione della conoscenza e l’ingresso nella vita socio-politica della comunità intellettuale ha l’ulteriore effetto di trasformare l’educazione in un processo quasi continuo. Dagli anni 80 non solo approssimativamente due terzi di cittadini statunitensi hanno il diploma superiore, ma è quasi certo che la riqualificazione sistematica della elite sarà una regola nel sistema politico. Sarà normale per ogni alto funzionario essere impegnato in un quasi continuo apprendimento di nuove tecniche e di nuove      conoscenze e sottoporsi a periodi di riqualificazione. L’acquisizione della educazione elementare obbligatoria è stata una rivoluzione compiutasi nell’età industriale. Nella nuova società tecnetronica sarà ugualmente necessario di chiedere ad ognuno di prendersi due anni di riqualificazione ogni dieci anni. (Forse ci sarà persino un emendamento costituzionale, in base al quale sarà richiesto al presidente eletto di passare almeno un anno studiando per aggiornarsi). Altrimenti non sarà possibile tenersi al passo o acquisire nuove conoscenze.

Giacché i bisogni sono diversi è probabile che il sistema educativo subirà un cambiamento fondamentale nella sua struttura. Le postazioni dei computer, in grado di fornire i processi educativi più avanzati a casa, permetteranno un’ampia e continua rieducazione degli adulti. Ai livelli più avanzati è probabile che le agenzie governative e le corporazioni svilupperanno – e alcune hanno già cominciato a farlo – i loro propri sistemi educativi avanzati, plasmati sui loro bisogni particolari. Nella misura in cui l’educazione diventa sia un processo continuo e al tempo stesso si orienta sempre più verso l’applicazione, il suo schema organizzativo sarà ridisegnato per legarlo direttamente all’azione politica e sociale.

E’ del tutto possibile che una società sempre più orientata all’apprendimento potrà assorbire meglio in maniera elastica i cambiamenti attesi nella vita sociale individuale. La meccanizzazione del lavoro e l’introduzione dei robot   ridurrà le attività che tengono occupate milioni di persone. Il crescente PIL (che potrebbe raggiungere approssimativamente i 10.000 dollari pro capite l’anno), connesso all’avanzamento educativo, potrebbe suscitare tra coloro, che sono meno implicati nella gestione sociale e meno interessati allo sviluppo scientifico, un’onda di interesse verso gli aspetti culturali e umanistici della vita, oltre alle preoccupazioni puramente edonistiche. Ma persino queste ultime potrebbero funzionare come valvola di sfogo sociale, riducendo le tensioni e le frustrazioni politiche. Il controllo più ampio sull’ambiente esterno potrebbe rendere più facile e meno incerta l’esistenza.

Ma la chiave di un adeguato adattamento alle nuove condizioni sta nella selezione effettiva nella distribuzione e nell’utilizzazione del talento sociale. Se si può dire che la società industriale si è sviluppata attraverso la lotta per la sopravvivenza del più adatto, la società tecnetronica – per prosperare – richiede la mobilitazione effettiva dei più abili. I criteri oggettivi e sistematici per selezionare i più dotati devono essere sviluppati e la più grande opportunità della loro preparazione ed avanzamento deve essere ancora fornita. La nuova società richiederà enormi talenti – così come una quantità di saggezza filosofica – per gestire ed equilibrare con efficacia i cambiamenti attesi. Altrimenti la dinamica del cambiamento potrebbe determinare in maniera caotica le modalità della trasformazione sociale.

Fortunatamente la società americana sta diventando più consapevole non solo del principio delle pari opportunità per tutti ma anche del principio delle particolari opportunità per quei pochi che hanno talento. Gli Stati Uniti che non sono mai stati uno stato veramente aristocratico (con l’esclusione forse di alcune aree nel sud e nel New England)  che mai sono stati realmente soggetti a una leadership ideologica e carismatica, che stanno gradualmente cessando di essere una società plutocratica-oligarchica, stanno diventando qualcosa che può essere definito ‘democrazia meritocratica’ . Ciò mette insieme il rispetto continuato per la volontà popolare con il crescente ruolo nelle istituzioni decisionali chiave degli individui che hanno raggiunto particolari livelli intellettuali e scientifici.  I sistemi educativi e sociali stanno rendendo questo processo  sempre più attraente e agevole per quei pochi meritevoli capaci di sviluppare più a fondo il loro particolare potenziale. Il reclutamento e lo sviluppo del talento sociale è pronto per essere esteso ai più poveri e ai più emarginati ma ciò è solo all’inizio. Nessuno può dire se ciò sarà sufficiente a rispondere alla sfida attuale ma la società americana sempre più educata e programmata, governata da una democrazia meritocratica, può offrire una possibilità migliore.

Il Trauma del Confronto

Per il mondo nel suo complesso l’affermarsi della nuova società tecnetronica potrebbe avere l’effetto paradossale di creare mondi assai diversi in un pianeta che si sta continuamente restringendo, a causa della rivoluzione nelle comunicazioni. Mentre il cambiamento scientifico tecnologico inevitabilmente avrà alcune ripercussioni, non solo il gap tra i mondi sviluppati e quelli sottosviluppati probabilmente diventerà più ampio – specialmente nei termini più misurabili degli indici economici – ma un nuovo gap potrebbe svilupparsi all’interno del mondo industrializzato e urbano.

Il fatto è che l’America, avendo lasciato la fase industriale sta oggi entrando in una differente epoca storica: differente da quella dell’Europa occidentale e del Giappone. Ciò sta provocando cambiamenti sottili e ancora indefinibili nella psiche americana, costruendo la base psico- culturale per più evidenti contrasti politici tra i due lati dell’Atlantico. Certamente vi sono sacche di innovazione o di ritardo in entrambi i lati. La Svezia condivide con l’America il problema dell’ozio, del benessere psichico, della mancanza di scopo; mentre il Mississipi sta sperimentando l’introduzione della società industriale in un modo non diverso da alcune regioni dell’Europa sud occidentale. Ma io credo che la generalizzazione ampia è ancora valida: l’Europa e l’America non sono più nella stessa epoca storica.

Ciò che rende l’America unica ai nostro tempi è che si tratta della prima società a sperimentare il futuro. Il confronto con il nuovo, che includerà presto gran parte di ciò che ho delineato, fa parte della esperienza quotidiana americana. Nel bene e nel male la parte restante del mondo apprende ciò che è pronto per lei osservando ciò che accade negli Stati Uniti: le ultime scoperte scientifiche di carattere spaziale, di carattere medico o lo spazzolino elettrico nel bagno; nel’arte pop o nel LSD, nel condizionamento dell’aria o nell’inquinamento, nei problemi degli anziani o nella delinquenza giovanile. L’evidenza è più sfuggente in aspetti quali la musica, lo stile, i valori, i costumi; ma anche qui il termine “americanizzazione” indica ovviamente la fonte. Oggi l’America è la società creativa; le altre consciamente o inconsciamente emulano.

La leadership americana è particolarmente forte nelle cosiddette industrie di frontiera, le quali riguardano i campi più avanzati della scienza. SI è calcolato che l’80 per cento di tutte le scoperte scientifiche e tecnologiche fatte negli ultimi decenni sono state realizzate negli Stati Uniti. Circa il 70 per cento di tutti i computers operano negli Stati Uniti; il predominio americano nei laser è ancora più evidente; gli esempi del predominio scientifico americano sono numerosissimi.

E’ ragionevole pensare che tale leadership continuerà. L’America ha quattro volte gli scienziati e i ricercatori di tutti quelli presenti nell’intera Comunità Economica Europea; tre volte e mezzo gli scienziati dell’Unione sovietica. L’assorbimento dei cervelli si realizza quasi esclusivamente in una direzione. Gli Stati Uniti spendono anche di più nella ricerca: sette volte quanto spende la comunità Europea, tre volte e mezzo l’Unione Sovietica. Dal momento che lo sviluppo scientifico è un processo dinamico è probabile che la distanza aumenterà.

A livello sociale l’innovazione americana appare ancora più sorprendentemente nella misura in cui la nuova elite meritocratica espande il suo controllo sulla vita americana utilizzando l’università, sfruttando le più recenti tecniche di comunicazione appropriandosi il più velocemente possibile dei più recenti strumenti tecnologici. La Tecnetronica domina la vita americana come nessuno aveva fatto finora. Ciò avrà conseguenze sociali e politiche e quindi anche psicologiche, producendo un differenziamento psicoculturale nel mondo sviluppato.

Allo stesso tempo le regioni arretrate del mondo stanno diventando più, piuttosto che meno, povere in rapporto al mondo sviluppato. Possiamo calcolare approssimativamente che il reddito pro capita del mondo sottosviluppato è circa 10 volte più basso di quello dell’America e dell’Europa (e 25 volte più basso di quello della stessa America). Dalla fine del secolo il criterio poteva essere circa 15 a 1 (o probabilmente 30 a 1 nel caso degli Stati Uniti), con le nazioni arretrate nel migliore dei casi che si stavano avvicinando all’attuale livello delle nazioni europee molto povere, ma in molti casi (p. es. l’India) probabilmente senza nemmeno raggiungere tale modesto livello.

Tuttavia, le elites sociali di queste regioni tenderanno quasi naturalmente ad assimilare ed emulare, nella misura in cui i loro mezzi e poteri glielo permettano, lo stile di vita del mondo più avanzato, con il quale esse sono e sempre più saranno in stretto e diretto contatto attraverso la televisione, i films, i viaggi, l’educazione e le riviste internazionali. La differenziazione internazionale avrà pertanto un riflesso interno, con le masse, che avranno a disposizione anche nelle regioni più arretrate le radio a transistor e presto la televisione e che pertanto diventeranno sempre più consapevoli della loro deprivazione.
E’ difficile concepire come in tale contesto le istituzioni democratiche (derivate in larga misura dall’esperienza occidentale, ma tipiche solo delle nazioni occidentali più ricche e stabili, potranno durare in un paese come l’India o svilupparsi altrove. Il futuro prevedibile è più probabile poti a una dittatura personale e ad alcune dottrine unificanti, nella speranza che tale combinazione di questi due elementi garantisca il minimo di stabilità necessaria per lo sviluppo socio economico. Tuttavia, il problema è che mentre nel passato le ideologie del cambiamento si muovevano dal mondo sviluppato verso quello meno sviluppato, in modo da stimolare l’imitazione del mondo sviluppato (come nel caso del comunismo), oggi le differenze tra i due mondi sono così forti che è difficile cocepire una nuova ondata ideologica originantesi nel mondo sviluppato, in cui generalmente la tradizione del pensiero utopistico sta declinando.

Con l’allargamento della distanza che impedisce ogni speranza di imitazione, lo sviluppo più probabile sarà costituito da una ideologia di rifiuto del mondo sviluppato. L’odio razziale potrebbe fornire la necessaria forza emotiva, sfruttata da leader romantici e xenofobi. Gli scritti di Frantz Fanon – violenti e razzisti – ne sono un buon esempio. Tali ideologie del rifiuto, che mettono insieme razzismo e nazionalismo ridurrebbero ulteriormente le possibilità di una significativa cooperazione regionale, coì essenziale se la tecnologia e la scienza debbono essere applicate in maniera efficace. Esse certamente amplierebbero le già esistenti differenziazioni psicologiche ed emotive. In vero, ci si potrebbe chiedere a questo punto chi è il vero depositario di questa indefinibile qualità che chiamiamo umana. Il dominatore dal punto di vista tecnologico e il tecnetronico condizionato, che ha sempre più imparato ad adeguarsi all’ozio, o il più “naturale” e arretrato agricoltore, sempre più dominato dalle passioni razziali e continuamente esortato a lavorare con più vigore, anche se l’obbiettivo di una buone vita diventa più sfuggente?

Il risultato potrebbe essere la moderna lezione su scala globale della antica dicotomia rurale-urbano. Nel passato le difficoltà prodotte dal passaggio da un’economia essenzialmente agricola ad una urbana hanno dato luogo a gran parte dell’impeto che sta alla base della violenza rivoluzionaria[6]

Applicata su scala globale tale divisione potrebbe sostanziare l’audace tesi di Lin Piao secondo la quale:
Prendendo in considerazione l’intero pianeta, se il Nord America e l’Europa occidentale possono essere chiamate le città del mondo, allora l’Asia, l’Africa e l’America Latina ne costituiscono le “regioni” rurali. In un certo senso la rivoluzione del mondo contemporaneo presenta ancora una volta il quadro dell’accerchiamento delle città da parte delle zone rurali.  

In ogni caso anche senza prevedere tale scontro dicotomico è facile dire che le regioni sottosviluppate dovranno fronteggiare sempre più gravi problemi di stabilità politica e sopravvivenza sociale. In vero (per usare un formula condensata) nel mondo sviluppato la natura dell’uomo in qianto uomo è minacciata; in quello sottosviluppato lo è la società. L’interazione dei due fenomeni potrebbe produrre il caos. Certamente gli stati più avanzati possiederanno i mezzi di distruzione persino più terribili, probabilmente perfino capaci di annientare le conseguenze della prolificazione nucleare che sembra sempre più inevitabile. Le armi biologiche e chimiche, i raggi della morte, le bombe ai neutroni, i gas nervini e una moltitudine di altri strumenti, posseduti in tutte le loro sofisticate varietà (come sembra probabile) solo dalle due superpotenze può imporre al mondo una certa stabilità. Comunque sembra improbabile, data la rivalità tra le due principali potenze, che un sistema completo contro la violenza internazionale possa essere costituito. Alcune guerre locali tra le nazioni più povere, più deboli, più inclini al nazionalismo possono scoppiare occasionalmente, dando luogo forse persino all’estinzione nucleare totale di una o più nazioni più piccole? Prima che un più forte controllo internazionale sia imposto sulla scia dello shock così generato.

Tuttavia, il problema soggiacente può essere trovato nella possibilità di evitare in qualche modo l’ampliamento della distanza culturale psicosociale dovuta alla crescente differenziazione del mondo. Anche con la differenziazione graduale sviluppatasi nel corso della storia umana è soltanto con la rivoluzione industriale che forti differenze tra le società hanno cominciato ad apparire. Oggi8 alcune nazioni vivono ancore in condizioni non diverse da quelle dei tempi precristiani; molte si trovano ancora nell’età medioevale. Tuttavia ben presto poche società vivranno in forme così nuove che ora è difficile immaginare le loro ramificazioni sociali e individuali. Se il mondo sviluppato fa un salto – come sembra inevitabile – in una realtà che è perfino più differente dalla nostra realtà attuale di quanto la nostra è diversa da un villaggio indiano, la distanza e le conseguenze relative non diminuiranno.

Al contrario, il rimescolamento elettronico istantaneo dell’umanità produrrà un confronto intenso, forzando la pace sociale tradizionale. In passato le differenze erano “vivibili”, a causa del tempo e della distanza che le separavano. Oggi queste differenze si stanno di fatto ampliando, mentre la tecnetronica sta eliminandole due dimensioni del tempo e dello spazio. Il trauma che ne risulta potrebbe creare prospettive di vita quasi completamente differenti, facendo sì che l’insicurezza, l’invidia e l’ostilità si trasformino nelle emozioni dominanti per una massa sempre più ampia di individui. La divisione tripartita in modi di vita arretrati e rurali, urbani e industriali e tecnetronici possono soltanto ulteriormente dividere l’uomo, intensificare le difficoltà di comprensione globale e rivitalizzare i conflitti latenti e esistenti.

Il ritmo dello sviluppo americano amplia la divisione all’interno dell’umanità e allo stesso tempo contiene i germi di una risposta costruttiva. Tuttavia, né il potere militare né la ricchezza materiale, che l’America possiede in abbondanza, possono essere usate direttamente  per rispondere alla divisione emergente nel pensiero, nelle norme e nel carattere degli uomini. Tutt’al più, il potere può solo garantire un ambiente esterno relativamente stabile: l’attenuazione o il contenimento di una potenziale e globale guerra civile; la ricchezza può lubrificare i punti di frizione socio-economica, in tal modo facilitando lo sviluppo. Ma nella misura in cui l’uomo – soprattutto nelle società avanzate – avanza sempre più nella sua capacità di controllare e persino creare l’ambiente, dovremo preoccuparci di dare all’uomo un contenuto significativo, per migliorare la sua qualità di vita in quanto essere umano.

L’uomo non ha mai realmente cercato di usare la scienza nel dominio dei suoi sistemi di valore. E’ difficile trasformare il pensiero etico, ma la storia dimostra che si trasforma… in forme limitate l’uomo  dirige la sua importantissima e sempre più rapida educazione psico-sociale. L’evoluzione di tali oggetti come le automobili, gli aeroplani, le armi, le istituzioni giuridiche, le corporazioni, le università e i governi democratici costituiscono esempi dello sviluppo progressivo realizzatosi nel corso del tempo. Tuttavia noi non abbiamo mai realmente tentato deliberatamente di creare una società migliore per l’uomo in quanto uomo…[7] 

Si tratta di un urgente bisogno che può spingere l’America a ridefinire la sua posizione globale. Nel periodo finale di questo secolo, data la prospettiva futura che ho qui delineato, è probabile che l’America sia meno preoccupata di “combattere il comunismo” o di creare “un mondo che rispetti le diversità” piuttosto che favorire l’elaborazione di una risposta comune al resto dell’umanità per fronteggiare le conseguenze di una era veramente nuova. Ciò significherà fare della diffusione massiccia della conoscenza tecnologica e scientifica il principale obiettivo del coinvolgimento americano negli problemi mondiali.

In qualche misura gli Stati Uniti già hanno questo ruolo semplicemente essendo ciò che sono. L’impatto di questa realtà e il suo coinvolgimento globale spinge all’emulazione. L’emergenza di ampie corporazioni internazionali, in maggior parte originatesi negli Stati Uniti rende più facile il trasferimento delle abilità, delle tecniche di gestione, delle procedure di marketing e delle innovazioni scientifico-tecnologiche. La costituzione di queste corporazioni nel mercato europeo ha stimolato gli europei a considerare più urgente la necessità di integrare le loro risorse e di accelerare il ritmo della loro ricerca e sviluppo.

Analogamente i laureati nelle università americane, tornati nel loro paese, hanno attivato una rivoluzione intellettuale e organizzativa nella vita accademica dei loro paesi. Le trasformazioni nella vita accademica della Gran Bretagna, della Germania, del Giappone, più recentemente della Francia e (persino in maggiore misura) dei paesi meno sviluppati può essere collegata all’irruenza delle istituzioni educative statunitensi. Invero, nel principale istituto tecnologico turco si fanno lezioni in “americano”, ed esso imita deliberatamente i metodi statunitensi non solo nella prospettiva ma anche nelle relazioni studente- professore. A causa degli sviluppi nelle comunicazioni moderne non sarà a breve possibile che gli studenti della Columbia University e quelli dell’Università di Teheran ascolteranno simultaneamente lo stesso professore?

L’emergenza di una élite universale intellettuale, che condivida certi valori e aspirazioni comuni in qualche modo compenserà l’ampliamento della differenziazione tra gli uomini e le società. Ma ciò non risolverà il problema posta da tale differenziazione. In molte nazioni arretrate la tensione tra ciò che è e ciò che potrebbe essere sarà acuita. Tuttavia, come ha osservato Kenneth Boulding:

La rete della comunicazione elettronica sta inevitabilmente producendo una super cultura mondiale, e le relazioni tra questa super cultura e le tradizionali culture nazionali e regionali del passato resta il grande problema dei prossimi cinquant’anni [8].

Questa super cultura fortemente influenzata dalla vita americana, con il suo linguaggio universale elettronico e informatico considererà difficile relazionarsi con “le culture più tradizionali e regionali”, specialmente se la distanza di fondo continua ad allargarsi.

Per controllare questa distanza, un cambiamento graduale nello stile e nel comportamento diplomatico può comportare la ridefinizione del ruolo dell’America nei problemi mondiali. I diplomatici professionali dovranno dare la precedenza alla leadership intellettuale dal momento che il governo negozierà direttamente - o invierà rapidamente dei negoziatori – ci sarà meno bisogno di ambasciatori residenti e più di ambasciatori che sono in grado di operare come interpreti creativi della nuova epoca, desiderosi di impegnarsi in un significativo dialogo con la comunità intellettuale ospite e preoccupati di promuovere la diffusione più ampia possibile della conoscenza disponibile. Il loro compito sarà quello di stimolare e sviluppare programmi di cooperazione scientifica e tecnologica.

La cooperazione internazionale sarà necessaria in quasi ogni aspetto della vita: per riformare e sviluppare sistemi educativi più moderni per promuovere nuove fonti di rifornimenti alimentari, per accelerare lo sviluppo economico, per stimolare la crescita tecnologica, per controllare il clima, per diffondere le nuove conoscenze mediche. Tuttavia, poiché le nuove élite hanno un interesse acquisito nei loro nuovi stati nazione e a causa della crescente xenofobia tra le masse nel terzo mondo, lo stato nazione rimarrà per lungo tempo il punto centrale della fedeltà, specialmente per i popoli economicamente arretrati e da poco liberatisi. Predire ad alta voce la sua morte e agire spesso come se fosse morto potrebbe provocare (come ha fatto in parte l’Europa) una reazione di segno contrario da parte di coloro che vorremmo influenzare. Quindi, il regionalismo deve essere favorito con il dovuto rispetto verso il significato simbolico della sovranità nazionale, e preferibilmente anche incoraggiando coloro che si adoperano per difendere le prospettive regionali.

Perfino più importante sarà stimolare, per la prima volta nella storia a livello globale, il necessario confronto su cosa della vita dell’uomo noi vogliamo salvaguardare o promuovere e sull’importanza dei sistemi morali esistenti per una fase che non può essere incasellata nei ristretti confini di dottrine in declino. La ricerca di nuove direzioni – che vanno al di là del visibile sviluppo economico – potrebbe essere un argomento appropriato per uno speciale congresso mondiale, dedicato ai problemi tecnetronici e filosofici di questa fase incipiente. Nessuna società, anche se avanzata, è in grado di fornire una risposta a questi problemi. 



[1]           Forse la fonte più utile si può trovare nel numero dell’estate del 1967 di Daedalus, dedicato interamente a ‘Toward the Year 2000: Work in progress’. L’introduzione del prof. Daniel Bell, presidente della American Academy’s Commission on the Year 2000 (della quale l’autore è anche un membro) riassume i principali aspetti della letteratura sull’argomento.
[2]           Vedi lo studio pioneristico di Daniel Bell ‘Notes on the Post-Industrial Society’, The Public Interest, Nos. 6 and 7, 1967.
[3]         L’America fa eccezione a questa regola per l’assenza della tradizione feudale, un aspetto ben sviluppato da Louis Hartz nel suo lavoro ‘The liberal tradition in America (1955).
[4]           E’ degno di nota che l’esercito statunitense ha talmente sviluppato i sistemi di controllo che spesso i sergenti ordinino e coordinino i massicci attacchi aerei e il fuoco di artiglieria – responsabilità che durante la II Guerra mondiale avevano i colonnelli.
[5]           Tuttavia, vi è un pericolo in tutto ciò che non dovrebbe essere trascurato. L’intenso coinvolgimento nella conoscenza applicata potrebbe gradualmente provocare l’indebolimento della tradizione di imparare solo per imparare. La comunità intellettuale comprese le Università potrebbe diventare un’altra ‘industria’, che recepisce i bisogni sociali come i diktat del mercato, con gli intellettuali che ricercano le ricompense materiali e politiche più consistenti. L’ansia per il potere, il prestigio e la bella vita potrebbe significare la fine dell’ideale aristocratico del distanziamento intellettuale e della ricerca disinteressata della verità .
[6]           V. la documentazione di tale processo nello studio pioneristico di Barrington Moore Social Orgins of Dictator Schip end Democracy (1967) .
[7]            Hudson Hoagland, “Biology, Brains, and Insight”, Columbia University Forum, Summer 1967.
[8]           Kenneth Boulding, “Expetting the Unexpetted”, Prospective Changes in Society by 1980 (1960) 

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