venerdì 23 maggio 2014

Riflessioni senili a ruota libera su crisi del capitalismo e crisi della sinistra - Vittorio Rieser 2012


La categoria del “tradimento dei gruppi dirigenti” della sinistra è certamente una semplificazione insufficiente, ma forse è più reale di quella della “integrazione/subordinazione delle classi lavoratrici”: le lotte, sia pure “sparse”, contro una situazione di progressivo peggioramento lo dimostrano. Tale categoria va però “maneggiata con cautela”, anche se non scartata. Per fare l’esempio italiano: non v'è dubbio che i gruppi dirigenti dell’ex-PCI, che ne hanno promosso il progressivo dissolvimento, avessero in mente il progressivo abbandono di una prospettiva di classe e la relativa conversione al neo-liberismo, come espressione delle “inevitabili leggi del capitale”, giudicato come “stato naturale ed eterno” (quasi che l’analisi critica del capitalismo fosse un “ciarpame stalinista” da buttare). Ma questi gruppi erano cresciuti e si  erano affermati nel vecchio PCI – tant’è vero che l’ultimo Berlinguer vi si trovava minoritario – e ci sarà pure una “ragione oggettiva” da indagare... Non a caso, elementi di una impostazione neo-liberista (o, nel migliore dei casi, “neo-corporativa ritardata”: si veda la strategia della concertazione) hanno contagiato anche organizzazioni come la CGIL, relativamente autonome dal processo innescato nel PCI dalla crisi/crollo del socialismo reale e dall’interpretazione che ne hanno tratto i suoi gruppi dirigenti (NB: come si può vedere, il capitalismo non crolla, ma il socialismo sì...).

Negli ultimi decenni, non son mancati nell’Occidente capitalistico (che, come ho detto, è l’orizzonte, certo limitativo, di queste note) grandi movimenti di lotta contro l’assetto sociale esistente, che hanno coinvolto milioni di persone. E’ persino banale ricordarli sommariamente:
 - i movimenti “no-global” (o, per usare un linguaggio politically correct, “altermondialisti”)

- i recenti movimenti degli indignados;
- movimenti ecologisti, anti-nuclearisti, e – con elementi per certi versi affini – movimenti  come quello no-Tav                                                                                                                                                                                   
Si sente la mancanza di forme di organizzazione politica che colleghino questi movimenti a un orizzonte complessivo e gli diano continuità.

Per ora, l’unica prospettiva che si può approssimativamente ipotizzare è quella di un processo in cui, a partire dalle esperienze dei movimenti di lotta, venga costruita una forza politica organizzata, che provi a tradurre questi movimenti e le loro esperienze di lotta in un progetto complessivo di trasformazione della società. In più, tutto ciò può aver senso solo se avviene a un livello internazionale di ampiezza e rilevanza sufficienti perché un tale progetto possa avere una concreta prospettiva di realizzazione (ad es. a livello europeo).
Buona fortuna, compagni!                                                                                                                                   

http://www.sindacalmente.org/sites/www.sindacalmente.org/files/rieser-riflessioni_senili_sulla_sinistra.pdf

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