mercoledì 16 marzo 2016

Sull'uso capitalistico delle macchine nel neocapitalismo* - Raniero Panzieri


   "La stessa facilità del lavoro diventa un mezzo di tortura, giacché la macchina non libera dal lavoro l'operaio, ma toglie il contenuto al suo lavoro. E' fenomeno comune a tutta la produzione capitalistica in quanto non sia soltanto processo lavorativo, ma anche processo di valorizzazione del capitale, che non è l'operaio ad adoprare la condizione del lavoro ma viceversa, la condizione del lavoro ad adoperare l'operaio; ma questo capovolgimento viene ad avere soltanto con le macchine una realtà tecnicamente evidente. Mediante la sua trasformazione in macchina automatica il mezzo di lavoro si contrappone all'operaio durante lo stesso processo  lavorativo quale capitale, quale lavoro morto che domina e succhia la forza-lavoro vivente." (K. Marx, Il Capitale)


Lo sviluppo capitalistico della tecnologia comporta, attraverso le diverse fasi della razionalizzazione, di forme sempre più raffinate di integrazione ecc., un aumento crescente del controllo capitalistico. Il fattore fondamentale di questo processo è il crescente numero del capitale costante rispetto al capitale variabile. Nel capitalismo contemporaneo, come è noto, la pianificazione capitalistica si ampia smisuratamente con il passaggio a forme monopolistiche e oligopolistiche, che implicano il progressivo estendersi della pianificazione dalla fabbrica al mercato, all'area sociale esterna.

Nessun "oggettivo" occulto fattore, insito negli aspetti di sviluppo tecnologico o di programmazione nella società capitalistica di oggi, esiste, tale da garantire lì"automatica" trasformazione o il "necessario" rovesciamento dei rapporti esistenti. Le nuove "basi tecniche"via via raggiunte nella produzione costituiscono per il capitalismo nuove possibilità di consolidamento del suo potere. Ciò non significa, naturalmente, che non si accrescano nel contempo le possibilità di rovesciamento del sistema. Ma queste possibilità coincidono con il valore totalmente eversivo che, di fronte all'"ossatura oggettiva" sempre più indipendente del meccanismo capitalistico, tende ad assumere "l'insubordinazione operaia".

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