venerdì 8 giugno 2012

La nazionalizzazione delle banche, secondo Lenin.


Nel 1917, ma prima dell’ottobre, in un articolo Lenin illustra la sua
proposta di nazionalizzazione delle banche. Esaminare la ‘logica’ di

tale proposta serve, pare a me, per comprendere la natura degli
obiettivi politici, delle parole d’ordine, che Lenin

propone al proletariato ed ai suoi alleati (contadini e piccola borghesia).
In primo luogo, Lenin  sottolinea che la nazionalizzazione delle

banche –ovvero la loro espropriazione e unificazione in un’unica banca
di Stato- consentirebbe a quest’ultimo effettivamente di regolare e

controllare la vita economica, sapere esattamente quali sono le
risorse del paese e come e quanti profitti vengono ottenuti.

Ottenuti da chi? E qui la parola d’ordine della nazionalizzazione
delle banche comincia ad apparire tutt’affatto diversa da una proposta

neutra, interclassistica.
Certamente, infatti, la nazionalizzazione delle banche renderebbe più

fluida la vita economica, pur non togliendo “neanche un copeco” ai
capitalisti (ed in questo senso potrebbe anche non essere avversata da

questi ultimi); ma appunto consentirebbe allo Stato un controllo
dell’attività bancaria (anche attraverso i soviet degli impiegati e

dei funzionari di Banca) e, dunque, sarebbe uno strumento essenziale
per un’economia pianificata e non orientata verso il profitto

individuale. La ‘logica’, dunque, di questa parola d’ordine, a tutta
prima motivata da semplici motivi di efficienza, si mostra legata

all’ottenimento di un altro obiettivo, ovvero, il centrale ruolo dello
Stato in sede economico-sociale; se dunque la nazionalizzazione di cui

parliamo sarebbe una riforma, profonda ma che non costerebbe “neanche
un copeco”, avrebbe tuttavia in sé la necessità di ampliarsi, ad es.

richiedendo la nazionalizzazione degli istituti assicurativi e perfino
delle coalizioni ed intrecci fra grandi gruppi economici.

Dunque, nazionalizzazione delle banche come obiettivo, immediatamente
accettabile anche da parte borghese (per motivi di efficienza), ma

che, per sua stessa natura, ha la necessità di invadere altri campi
–appunto, la nazionalizzazione degli istituti assicurativi ed il ruolo

decisivo dello Stato nell’organizzazione, regolamentazione e controllo
della vita economica.

Dunque la parola d’ordine leninista, per un verso corrisponde a una
necessità obiettiva, ad un bisogno reale di tutti coloro che hanno a

che fare con le banche (in questo senso non è una parola d’ordine
immediatamente anticapitalistica), per un altro verso, si tratta di

una parola d’ordine, che è sollecitata dalla sua stessa natura ad
allargarsi ad altri ambiti, fino ad assumere un carattere certamente

anticapitalistico.
E’ proprio questo tipo di parola d’ordine, che riceve il nome di
obiettivo transitorio e non di obiettivo intermedio.

STEFANO GARRONI

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